Oggi su L’Adige un mio intervento su scuole chiuse e responsabilità: ovvero quando si rischia di essere irresponsabilmente responsabili, o viceversa……..
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“Le palestre hanno riaperto. Le Chiese hanno già visto ripopolarsi le navate. Bar e ristoranti sono apparecchiati.
Il parrucchiere e l’estetista possono tornare a forbici e pinzette.
Attendiamo la riapertura di teatri e i musei (siamo immersi in una storia da reinventare: c’è urgenza di cultura e creatività).
Fra poco apriranno le frontiere interne e raggiungeremo spiagge, alberghi e campeggi.
Con questa Fase due e le progressive riaperture, stiamo tornando alla quasi normalità.
No. Per nulla.
In questa corsa alle riaperture, il mondo degli adulti ha pensato solo a sé. Ci siamo dimenticati le bambine e i bambini, le ragazze e i ragazzi, silenziosi ogni giorno di più davanti agli schermi del loro computer o tablet.
Nessuno sforzo per riaprire anche solo simbolicamente la scuola. Neanche un’ora in settimana.
Così Rossella finirà il suo ciclo delle elementari senza rivedere i suoi compagni che per cinque anni hanno affollato le sue giornate. I suoi maestri se ne andranno dal suo presente in dissolvenza, senza disturbare. Le aule rimarranno vuote, nell’assenza di ricordi e di riti di passaggio.
Non ci credo che non era possibile pensare ad una apertura, anche solo simbolica.
Un giorno, anche solo una mattina. Un’ora. Per salutarsi. E ringraziarsi del tempo passato insieme.
Lo avrei immaginato così: l’ultima settimana di scuola il dirigente scolastico convoca una quinta elementare diversa ogni giorno e li raduna belli distanziati nel cortile, con guanti e mascherina. Anche lui con guanti e mascherina. E fa questo discorso:
”Care bambine, cari bambini. Grazie di essere stati con noi per questi cinque anni. Abbiamo insieme imparato tantissime cose, siamo tutti diventati più grandi. E abbiamo soprattutto capito insieme che con impegno e creatività, possiamo inventarci sempre una soluzione. Proprio come oggi. Perché il desiderio di vederci e l’amore che abbiamo l’uno per l’altro ci ha fatto fare uno sforzo, proprio come quello che stanno facendo ristoratori, parroci, verdurai… perché anche se non siete nostri clienti, siete comunque importanti per noi!”
Non accadrà.
Non solo la scuola, ma anche lo sport: Giorgio ad inizio anno ha iniziato a giocare a baseball ed è la cosa che gli manca di più. E sono certo che è così anche per i suoi allenatori e per i suoi compagni di squadra. Non si rivedranno a breve perché non si può.
C’è una grande ipocrisia di fondo in questi due piccoli esempi: sapete perché non si può? Non per la sicurezza (è più pericoloso mangiare una pizza, prendere la Comunione in Chiesa o sedersi in classe un’ora in settimana a due metri di distanza con guanti e mascherine e un educatore che accompagna?).
Non si può fare semplicemente perché nessun adulto, nessun decisore politico, nessun dirigente vuole prendersi la responsabilità di farlo. Per paura: e se poi succede qualcosa?
Quello della responsabilità è un tema non trascurabile, ma non può essere paralizzante, non può trasformarsi in angoscia che blocca qualsiasi pensiero. Non può essere un’arma di ricatto, la responsabilità.
Avremmo bisogno di riappacificarci tutti, permettere ad ognuno di agire la propria responsabilità senza il terrore, le minacce e gli scaricabarile di ciò che accadrebbe se accadesse qualcosa.
Perché se davvero interessasse il destino dei giovani, penseremmo che abbiamo delle responsabilità nei loro confronti e vedremmo bene che anche loro sono in Fase 2: stanno riprendendo ad uscire, si vedono, si frequentano (per fortuna!!!). Lo fanno da soli, senza di noi. E se poi succede qualcosa? Nessuno sarà responsabile.
E invece i minori avrebbero urgente bisogno che la comunità degli adulti li accompagnasse in questa fase 2 e pure nelle prossime. Perché ora è tutto sulle spalle delle famiglie. Spalle sempre più appesantite.
Se pensassimo a loro, invece che a noi e alle nostre paure, staremmo loro accanto e faremmo insieme delle cose: scuola, sport, gite, camminate, pedalate…. adulti e bambini insieme. La scuola e lo sport non valgono meno di una messa, una pizza e una spuntatina alla frangetta.
Ma non sarebbe responsabile.
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